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Mercato del lavoro olandese T2 2025: meno movimenti, più cautela

Perché i lavoratori olandesi cambiano lavoro meno spesso e cosa significa per la crescita, la formazione e il futuro del lavoro.
15 agosto 2025 di
Mercato del lavoro olandese T2 2025: meno movimenti, più cautela
Paolo Maria Pavan

Trecentocinque mila. (305.000)

È il numero di dipendenti che hanno cambiato datore di lavoro nel secondo trimestre del 2025. Sembra una cifra importante, finché non si nota che, tre anni prima, lo stesso dato era di 358.000. In termini percentuali, siamo passati dal 4,7% di tutti i lavoratori che hanno cambiato impiego nel secondo trimestre del 2022, a solo il 3,8% di oggi.

I numeri grezzi parlano di “calo”. Ma dietro di essi si nasconde una storia più interessante: la psicologia del restare, il costo del cambiamento e il rischio condiviso tra dipendente e datore di lavoro.

La temperatura del mercato del lavoro

Nel 2022, il mercato del lavoro olandese era ai livelli più caldi degli ultimi anni. I recruiter “cacciavano” praticamente alla luce del sole. Le persone cambiavano azienda perché potevano farlo, e perché le probabilità di approdare a un posto migliore erano alte.

Oggi? Il mercato si è raffreddato. Non è ghiacciato, ma il vento è cambiato. Quella brezza del “posso sempre trovare qualcos’altro” si è attenuata. E non è solo un fenomeno economico, è anche emotivo: i dipendenti sono meno disposti a fare un salto senza sapere dove atterreranno.

Chi salta, chi resta

I dati del CBS ci raccontano qualcosa di importante:

  • Il 62% di chi ha cambiato lavoro nel secondo trimestre 2025 proveniva da contratti flessibili.
  • Il 38% da contratti a tempo indeterminato.

È coerente con il comportamento umano: chi ha meno sicurezza lavorativa è più disposto, o costretto, a muoversi. Ma la novità è che anche tra i lavoratori flessibili, il tasso di mobilità sta rallentando.

Alcuni settori sentono il rallentamento più di altri:

  • Lavori commerciali: dal 7,1% di “cambiatori” nel 2022 al 5,3% nel 2025.
  • Economia aziendale/amministrazione: dal 4,9% al 3,3%.
  • Trasporto/logistica: dal 6,7% al 5,5%.

Le uniche categorie che vanno in controtendenza? Agricoltura e professioni di servizio.

L’effetto anzianità e il costo nascosto del cambiamento

Qui i numeri sussurrano qualcosa di più profondo. Se sei in un lavoro da meno di un anno, la probabilità di andartene resta la più alta tra tutti i gruppi: 7,3% nel 2025. Ma è un calo netto rispetto al 9,4% del 2022.

In altre parole: anche i lavoratori più mobili stanno restando più a lungo.

Perché?

  • Paura di non trovare di meglio: L’offerta migliore non è più garantita.
  • La tassa invisibile dell’onboarding: Cambiare lavoro significa imparare da zero sistemi, culture e dinamiche politiche interne. È faticoso, e la gente lo sa.
  • Ricalibrazione post-pandemia: Molti hanno esaurito la loro voglia di rivoluzionare la vita durante gli anni del COVID.

Per i datori di lavoro, questo significa che il “ritorno sull’anzianità” sta cambiando. Un dipendente di lunga data può ancora crescere, ma la curva di crescita non è automatica: dipende dal fatto che l’azienda investa attivamente in lui o si limiti a dare per scontata la sua lealtà.

Il dilemma del datore di lavoro: formare o rincorrere?

Ogni volta che un dipendente se ne va, sulla scrivania del datore di lavoro arriva una fattura nascosta:

  • Costo di reclutamento
  • Produttività persa durante la vacanza del ruolo
  • Tempo necessario affinché il nuovo assunto diventi pienamente efficace

Se la persona uscente occupava un ruolo ad alta specializzazione, quella fattura cresce. A volte trattenere un dipendente non significa aumentare lo stipendio, ma rendere la sua crescita interna più preziosa della promessa di un nuovo lavoro altrove.

Ma c’è un aspetto interessante: più è esperto il dipendente, più diventa costoso per il nuovo datore formarlo. Non perché manchino competenze, ma perché disimparare vecchi processi può essere più difficile che imparare da zero. Ecco perché alcune aziende preferiscono assumere persone meno esperte: è più facile plasmarne la cultura.

Allora, cosa sta succedendo davvero?

Siamo in una fase di cambiamento sottile. Non una crisi, ma un riequilibrio delle aspettative:

  • I dipendenti stanno pesando in modo diverso stabilità e possibilità.
  • I datori di lavoro non possono più contare sul “calore” del mercato per rinfrescare i team.
  • L’investimento nella formazione interna potrebbe presto essere meno una strategia di fidelizzazione e più una forma di assicurazione contro il rischio: perché se le persone restano, devono crescere, altrimenti se ne andranno nel momento peggiore.

Nel 2022, il mercato del lavoro era una scacchiera fatta di mosse rapide. Nel 2025 somiglia di più a una tavola di Go: più lenta, più strategica, e in cui ogni mossa pesa di più nella partita di lungo periodo.

La domanda non è solo quante persone cambiano lavoro. È perché si muovono, e perché restano.

E per entrambe le parti, il rischio è lo stesso: in un mercato in raffreddamento, la mossa sbagliata può costare più della partita stessa.

AUTHOR : Paolo Maria Pavan

Co-Creator of Xtroverso | Head of Global GRC @ ZENTRIQ™

Paolo Maria Pavan costruisce sistemi che bilanciano regole e libertà, chiarezza e trasformazione. Nella sua terza vita, scrive e parla apertamente di mercati, governance e rischio, non come un trader in cerca di prezzo, ma come un lettore di schemi, comportamenti e distorsioni. Un imprenditore seriale plasmato dal fallimento e dalla reinvenzione, vede la governance come una forza viva per la fiducia e il progresso, e rifiuta di evitare le conversazioni difficili che la rendono reale.

Paolo Maria Pavan | Head of GRC at Zentriq


Mercato del lavoro olandese T2 2025: meno movimenti, più cautela
Paolo Maria Pavan 15 agosto 2025
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