Paolo, hai detto che abbiamo scambiato il capitale sociale per i mercati speculativi—puoi spiegare meglio?
Quello che sto dicendo è che abbiamo spostato il nostro focus dal capitale sociale—dall’investimento nelle persone, nelle comunità, nelle relazioni e negli obiettivi condivisi—a una cultura ossessionata dalla speculazione finanziaria. Il problema non è solo che più persone investono, ma che la tecnologia ha reso così facile per chiunque entrare nei mercati speculativi da casa propria. Invece di uscire, interagire con persone reali e investire nella comunità intorno a loro, le persone sono attirate in un mondo di schermi e ticker azionari, dove il “successo” si riduce a osservare numeri su uno schermo che salgono o scendono.
Pensateci: il capitale sociale era un parametro fondamentale della ricchezza. Investire nel capitale sociale significa costruire reti, creare legami, contribuire alla comunità e comprendere che il successo non è solo personale, ma collettivo. Comunità forti, connessioni sane ed esperienze condivise erano un tempo beni di valore. Le persone investivano tempo, energie e risorse per migliorare i loro quartieri, sostenere le attività locali o aiutarsi a vicenda. Il capitale sociale ci rendeva più forti, più resilienti e meglio connessi.
Ma ora ci siamo spostati verso un modello in cui il guadagno finanziario è prioritario su tutto. Con la tecnologia che permette l’accesso ai mercati 24/7, le persone sono risucchiate nell’attrazione di fare profitti rapidi. Si è creato un mondo in cui l’adrenalina di una crescita azionaria o dell’aumento improvviso di valore di una criptovaluta può farci sentire come se stessimo vincendo—mentre in realtà siamo isolati e disconnessi dall’esperienza umana. E questo non accade più solo per un’élite finanziaria; chiunque con uno smartphone e accesso a internet può essere coinvolto nei mercati speculativi. La tecnologia ha aperto il mondo finanziario, ma ci ha anche incoraggiato a ritirarci da quello reale.
Il vero paradosso è che le persone si isolano, “investendo” nella speranza di un grande guadagno, ma perdendo l’investimento più duraturo di tutti: la connessione umana. In un mondo più connesso finanziariamente che mai, siamo paradossalmente più disconnessi socialmente. Le persone sono intrappolate in un ciclo di ansia finanziaria e isolamento personale, incollate agli schermi, timorose dell’interazione reale e preferendo l’illusione della ricchezza alla vera ricchezza che deriva da una comunità fiorente.
In un certo senso, questo cambiamento ha creato un’epidemia di solitudine, mentre inseguiamo gli alti e bassi degli investimenti speculativi. Il capitale sociale è lento, complesso, non offre ricompense istantanee come i mercati—ma è reale. È ciò che ci sostiene, ci dà radici e profondità alla nostra vita. Investire nel capitale sociale significa uscire, interagire con i vicini, creare esperienze condivise e dare un contributo significativo al mondo in cui viviamo.
Quindi sì, abbiamo perso interesse a investire nelle persone perché non è così veloce, appariscente o quantificabile come osservare i numeri cambiare in un portafoglio. Ma cosa ci rimane? Una società di persone chiuse le une alle altre, che accumulano ricchezza privata mentre la ricchezza pubblica—la ricchezza della comunità e della connessione—si dissolve lentamente. Questo tipo di vita è vuoto e, alla fine, insostenibile. Il capitale sociale non supporta solo gli individui; crea una società più forte.
La tecnologia che ci aveva promesso libertà e accesso ci sta imprigionando in un ciclo virtuale di speculazione, privandoci dell’opportunità di vivere pienamente, di impegnarci profondamente e di costruire qualcosa di duraturo. Quindi, quando dico che abbiamo scambiato il capitale sociale con guadagni speculativi, sto richiamando l’attenzione sul vero costo di questo scambio. È tempo di riconnetterci a ciò che conta davvero, di reinvestire nella nostra umanità condivisa e di costruire un futuro non solo profittevole, ma anche significativo.